RASSEGNA STAMPA: “Nei miei libri metto in risalto la tenacia e la fragilità come due facce della stessa medaglia”. Intervista a “Oltre le colonne”.

Ringrazio la redazione per questa intervista, disponibile a questo link: https://www.oltrelecolonne.it/giovanni-margarone-nei-miei-libri-metto-in-risalto-la-tecnica-e-la-fragilita-come-due-facce-della-stessa-medaglia/.

Dopo una serie di romanzi pubblicati lo scrittore Giovanni Margarone è tornato sul mercato editoriale con un saggio dal titolo 2020 Il mondo si è fermato – Ci avrà insegnato qualcosa?

Giovanni, abbiamo superato la metà del 2021 tra mille difficoltà, paure e immenso dolore. Abbiamo quindi imparato qualcosa?

Credo di sì. Innanzitutto abbiamo riconosciuto quanto sia importante il concetto di collettività, dopo che siamo stati costretti a vivere isolati durante i lockdown. L’uomo è, per sua natura, un essere sociale e istintivamente tende all’aggregazione sociale. Altro valore che abbiamo riconosciuto essere essenziale per la nostra esistenza è quello della libertà. Le restrizioni ce l’hanno forzatamente ridotta e, per questo, abbiamo capito quanto mai sia preziosa, tenuto conto che proprio la nostra generazione era nata in uno stato di diritto in cui sono riconosciute, e non attribuite, a fondamento costituzionale, inderogabili libertà in tutte le sue forme.

Mi risulta che non sia questa la prima volta in cui compi un “salto letterario” dal romanzo al saggio. Sulla poesia ti sei mai cimentato?

No. La poesia, sebbene mi attragga come lettore, non fa parte della mia indole letteraria. La poesia, per sua natura, impone regole di sintesi, in cui le parole che formano i versi più che mai sono gravate dal peso dell’intenso significato. Umilmente ammetto che questa capacità di sintesi non ce l’ho. A riguardo mi sovviene la poesia ermetica, la massima espressione della capacità di sintesi poetica e, in particolar modo, Ungaretti, che era capace con poche, ma intense, parole, a trasmettere profonde emozioni.

Passando attraverso una breve sinossi dei tuoi romanzi, come avrebbero reagito singolarmente i personaggi dei vari libri alla pandemia?

Nei miei libri troviamo personaggi fragili e tenaci. Questo contrasto è stato da me volutamente messo in risalto, considerato che l’uomo è da osservare da più visioni prospettiche data la sua natura essenzialmente poliedrica. Infatti ogni individuo, come diceva Nietzsche, ha sempre due volti, di cui uno, però, prevale sull’altro; solo se l’uomo fosse perfetto, ci sarebbe l’equilibrio, ma l’umana condizione è, di per sé, naturalmente difettosa. Per questo dico che i miei personaggi avrebbero reagito alla pandemia esattamente come è successo nella realtà: soffrendo, resistendo e sperando.

Venendo al mercato editoriale in senso lato, secondo te che tipo di scrittura oggi dimostra una particolare vitalità?

Domanda da un milione di dollari. Innanzitutto bisogna riscontrare che i dati sulla lettura, per quanto riguarda l’Italia, sono sconfortanti. Le statistiche dimostrano che solo il 40% degli italiani in un anno ha letto almeno un libro, tra questi il 19% sono lettori “deboli” (massimo tre libri all’anno) e il 6% sono lettori forti (un libro al mese). Sono dati deprimenti, tenuto conto dell’importanza che ha il leggere e visto il raffronto con altri paesi europei: da un minimo della Spagna con il 60% di lettori, fino ad arrivare alla Norvegia con ben il 90% di lettori. E la lettura, a parte quella dei lettori di una certa nicchia che cercano letture di qualità e meritevoli di attenzione, segue le mode. Nelle letture per ragazzi abbiamo il fantasy, per gli adulti il romance, thriller, il distopico, libri di personaggi famosi (sovente scritti da ghostwriters). La narrativa che si avvicina di più al classico per stile e per trame spesso è snobbata. Riguardo alla poesia i dati sono ancor più miserevoli. Nell’editoria la regola della qualità, come invece si è portati a credere, non è elemento principale. Le case editrici puntano a pubblicare libri che abbiano impatto economico sicuro, dando così poco spazio agli emergenti. In sintesi, nella marea di libri pubblicata ogni anno, pochi sono destinati a essere custoditi e letti in biblioteca. La maggior parte, dopo il lancio e il picco di vendite iniziale, sono spesso destinati al dimenticatoio.

Chi o cosa influenza la decisione di leggere un libro?

Innanzitutto il gusto del lettore, questo è un dato di fatto inconfutabile, che però può essere distratto dagli stimoli editoriali correnti e più una persona è influenzabile – e questo dipende dal suo livello culturale – più tende a seguire detti stimoli. Giocoforza, gli editori si adattano, individuando quei generi letterari ritenuti più redditizi, a prescindere, come dicevo prima, dalla qualità intrinseca dell’opera.

In chiusura, quali libri ci sono attualmente sul tuo comodino?

Io leggo perlopiù classici, attualmente sto leggendo Pavese, innegabile icona della letteratura italiana del ’900. Inoltre ho testi di filosofia, sto rileggendo “La gaia scienza” di Nietzsche, filosofo che mi attrae particolarmente e che si avvicina molto al mio pensiero filosofico. Inoltre ho libri di autori per i quali faccio le recensioni. Insomma, il lavoro non mi manca, affiancato a quello preminente della scrittura. A fattor comunque ritengo che uno scrittore debba essere prima di tutto un buon lettore, perché determinati testi fanno scuola, come ho sempre detto.

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