RECENSIONE DEL ROMANZO “MALEDETTI” di Francesco Nicolino

maledetti

Dopo aver terminato di leggere il romanzo “Maledetti” di Francesco Nicolino, mio amico e collega, ho voluto scrivere questa recensione.

RECENSIONE DEL ROMANZO “MALEDETTI”
di Francesco Nicolino, Casa Editrice Carabba.

A cura di Giovanni Margarone

Non appena si finisce di leggere questo romanzo di Francesco Nicolino, viene da interrogarsi sul “perché è stato”, “cosa è stato” e “cosa è”. Il riferimento è all’onorata società calabrese, la ‘ndrangheta, i cui componenti non chiamano così, come non viene mai pronunciato il nome mafia.
Questo romanzo, tuttavia, non è un saggio sulla ‘ndrangheta, Nicolino è voluto andare oltre a una semplice cronistoria di accadimenti, perché leggere una serie di cronache non informa veramente su cosa sia una società insidiata dal fenomeno mafioso. Quindi, per fa capire, per entrare nelle coscienze dei lettori, l’autore preferisce far parlare i vari personaggi, loro, i veri protagonisti di un mondo efferato di vendette e violenze, in un terra dove la terra stessa non deve dare frutti e consentire a gente buona e umile di vivere nella propria semplicità.
Così Nina si narra. Un io narrante inserito abilmente tra i capitoli, il filo conduttore del romanzo.
Nina è la moglie di un affiliato all’onorata società, Michele. È una delle tante donne di mafia, che nel loro silenzio soffrono e pregano, piangono, temono. Nell’onorata società non c’è posto per le donne, che devono essere fedeli custodi di segreti atroci. “Ho cominciato a vivere con un assassino: quando mi toccava e mi parlava sentivo la morte attaccarsi alla pelle, la respiravo in ogni istante e in ogni angolo” dice Nina. Lei non ha scelta, non ha avuto scelta. “Della mia felicità non importava a nessuno” dice ancora Nina. Lei è triste. Vorrebbe fuggire, non ama Michele e non è da lui amata: vive come fosse in una gabbia. Lo stesso paese, Pianosangro, è una gabbia, in cui tutti devono sottostare a Don Mico. Lui ha potere di vita e di morte, ogni decisione spetta a lui. Viene eletto sindaco: l’infiltrazione mafiosa anche nello Stato è compiuta.
Nicolino tratteggia abilmente i vari aspetti dell’onorata società mediante i suoi personaggi e le loro vicende, mediante soprattutto Nina. Perché è lei a soffrire anche verso quell’uomo con il quale ha una relazione clandestina, un vero amore, profondo, disinteressato e unico, che non potrà essere mai coronato da nulla. Quell’uomo è il fratello di Michele, Luca. Lui è il volto buono, colui che aborrisce l’onorata e si strugge a vedere la sua amata Nina costretta a soccombere a Michele. Un intreccio di sentimenti, di odio e disperazione.
Il sangue scorre a Pianosangro e i contadini vengono spodestati delle loro terre in virtù di contestabili e antiche leggi alle quali Don Mico si aggrappa per imporre il suo predominio. E in queste vicende Nicolino, magistralmente, fa capire quanto sia sanguinaria l’onorata società, che si espande sempre più come organizzazione criminale, come un cancro in quella terra “bellissima e maledetta”.
Bellissima, perché l’autore non dimentica di descrivere la sua terra nei luoghi e nelle persone. Descrive i declivi che si protendono verso il mare e la fatica di uomini con le mani rovinate che lavorano la terra dall’alba al tramonto, gente buona che sa solo lavorare.
Maledetta perché c’è il predominio di gente con le mani sporche di sangue e sete di vendetta, tra le case screpolate e le terre incolte che costringono a emigrare nelle Americhe.
In questo romanzo, Nicolino vuole fare capire, senza entrare nella retorica, cosa sia il fenomeno mafioso e che cosa significhi, affinché le coscienze non siano mai assopite. Inoltre fa un affresco di quel Sud del dopoguerra ancora imbrigliato in contese di terre e di potere, che non riesce a risollevarsi in quanto soffocato e sottomesso da mafie insidiose e crudeli.
Lo stile narrativo di Nicolino è fluido, ma in certi passi volutamente spigoloso, perché certe azioni non potrebbero essere descritte altrimenti. Evoca spesso lo stile dei romanzi di Pavese, ispirandosi a un neorealismo necessario in un romanzo con questo tema.
Uno stile particolare, quello di Nicolino, che avvince e coinvolge dalla prima all’ultima pagina.
Maledetti è un romanzo che lascia qualcosa dentro e ha diritto a essere collocato al giusto posto nell’ambito della buona Narrativa contemporanea.

L’autore

Francesco Nicolino, calabrese, si è laureato all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Insegnante di Storia e Filosofia, attualmente vive a Bologna. Ha esordito nella narrativa con “Gli angeli non sono tutti bianchi” (Carabba, 2015; Modu Modu, 2017), opera che ha superato le diecimila copie vendute e ottenuto diversi riconoscimenti. Maledetti è il suo secondo romanzo.

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